Un Ministero della pace. Una proposta concreta di nuova architettura istituzionale è stata presentata oggi a Palermo

PALERMO – «Dalle ceneri del secondo conflitto mondiale sono nati il Ministero della Difesa e dell’Interno, sostituendo il Ministero della Guerra. Un parto che attuando il ripudio costituzionale, avrebbe dovuto essere trigemellare, dando alla luce anche un Ministero della Pace». Lo ha sostenuto l’avvocata Laila Simoncelli, della Comunità Papa Giovanni XXIII, nel corso del convegno dal titolo «Ministero della Pace. La non violenza: stile di una politica per la pace», proposto dalla rete di associazioni promotrici della campagna per il Ministero della Pace, accolto e promosso dal gruppo parlamentare regionale del M5S, e patrocinato dall’Assemblea Regionale Siciliana e dalla Regione Siciliana.
Nella sala Mattarella dell’ARS si sono confrontati associazioni, intellettuali, attivisti perché il progetto politico di un Ministero della Pace divenga concreto. Come concreta è stata la testimonianza di Giulia Zurlini, volontaria dei corpi civili per la pace: «Si tratta – dice – di nuclei di persone, preparate all’intervento nonviolento che lavorano per la prevenzione, il contenimento e il superamento dei conflitti armati e sociali acuti nei territori dove vi sono conflitti armati. Volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII, sono impegnati in questi giorni a Kherson, in Ucraina». Ma quali dovrebbero essere i compiti del Ministero della Pace? Li ha illustrati Matteo Fadda, presidente della Comunità Giovanni XXIII: «Gestire i conflitti sociali, promuovere la difesa civile, attuare politiche di disarmo, difendere i diritti umani, educare alla nonviolenza, prevenire la violenza; un contesto vitale nuovo nel quale scegliamo di mettere al centro la persona umana e niente altro».

Arrivare alla pace è stato il comune denominatore di tutti gli interventi. «Non sono un umanista ma da uomo di solida preparazione scientifica tiro in ballo il magnetismo – ha detto il vice presidente dell’Ars, Nuccio Di Paola-. Dobbiamo fare in modo che poli opposti si attraggano. Che per la pace si arrivi ad una convergenza ed un equilibrio per così dire ‘magnetico’».

La deputata Cristina Ciminnisi, nel corso dei saluti iniziali ha ricordato come la Sicilia, nei primi anni ‘80 fu al centro delle attenzioni internazionali quando il Governo Italiano decise di concedere agli Stati Uniti la base di Comiso, in cui installare sistemi d’arma in grado di portare testate nucleari. «La Sicilia – ha ricordato Ciminnisi – non fu indifferente a quella decisione. Aspra fu la contesa politica e la mobilitazione della società civile attraverso un fronte trasversale e comune che comprendeva oltre alla tradizionale area della variegata sinistra, le ACLI,, le chiese Valdesi di Sicilia, il coordinamento per la Pace. Insieme per propugnare il disarmo nucleare e un “Mediterraneo mare di pace”». Ciminnisi ha anche sottolineato come nel 2019 l’ARS «ha approvato la legge regionale per la diffusione nella nostra Isola della cultura della pace, il ripudio di qualsiasi forma di razzismo, la non violenza mediante idonee iniziative culturali, di ricerca, di educazione, di cooperazione e di informazione». «Oggi abbiamo lanciato da questo parlamento un momento di riflessione perché gli artigiani di pace possano avere una casa, un Ministero per una pace – ha concluso Ciminnisi – che consenta di passare dalla promozione della cultura della pace ad una costruzione della pace a livello formale e politico favorendo la collaborazione e la cooperazione tra tutti gli attori coinvolti».
Ha chiuso i lavori del convegno Monsignor Antonino Raspanti, presidente della Conferenza Episcopale Siciliana, secondo il quale «è necessario accogliere la sfida di tradurre la proposta delle associazioni e dei movimenti in una proposta politica, in una gestione ordinaria che cambi radicalmente la nostra società, e che faccia della Pace uno specifico campo di azione dell’attività politica e di Governo».

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